Testo

Tel. 3319034020 - mail: precariunited@gmail.com

mercoledì 26 aprile 2017

VIAGGIO NELLA MARSIGLIA DEL FRONT NATIONAL


Alle ultime elezioni, il candidato più votato a Marsiglia è stato Melenchon, soprattutto nei quartieri popolari
(http://www.laprovence.com/article/presidentielle-2017/4421824/marseille-ville-insoumise.html)




da  http://www.valigiablu.it/elezioni-francia-lepen/



di Filippo Ortona 

«Digli la verità: a scuola non ci andiamo», afferma deciso il ragazzino bianco e biondo, avvolto in un bomber arancione. L’altro, dai connotati e dalla carnagione magrebini, sorride furbo sotto ai baffetti appena accennati, inclinando la testa perché l’ombra gettata dal cappellino da baseball scivoli dagli occhi intelligenti. Chiede l’accendino per l’ennesima volta: la canna di fumo continua a spegnersi e, tutto preso dal non bruciarsi la tuta rossa sfavillante del Bayern Monaco, dice di avere quindici anni, anche se ne dimostra appena tredici. «Siamo qui a fare charbon», a fare carbone, ovvero, a vendere fumo. «Facciamo il giro delle scuole e ci mettiamo in tasca qualche soldo. Alle volte on guette», facciamo le vedette, quelli che nelle cités dei quartieri nord di Marsiglia avvisano l’arrivo di ospiti indesiderati. Il biondino garantisce di poter tirare su 50 euro a mezza giornata o fino a 140 se s’impegna fino a sera tardi. Non superano il metro e mezzo, ma già indossano, pieni di sé, l’aspetto dell’uomo affaticato e indaffarato. 
La cité di provenienza è come una carta d’identità, delimita spazio, diritti, retroterra. «Io non sono di qui», dice il biondino, «vengo dai Font-Vert». Ad appena qualche minuto di distanza, ma già altrove, rispetto al piazzale antistante al liceo Diderot, dove sono scesi dall’autobus. Il liceo è una struttura innovativa, un ibrido di istituto professionale e liceale, multidisciplinare: dalle arti plastiche ai mestieri di muratura. Accoglie 1500 studenti, immerso tra la famigerata cité dei Cedri (Les Cedrès) e l’altrettanto famosa dei Lauriers.


La cité dei Lauriers nel 13esimo arrondissement di Marsiglia, da mediaterranee via Google Earth

Poche settimane fa, nella notte tra il 28 Febbraio e il 1° Marzo, un ragazzo di 21 anni, Kevin, è stato ucciso nella rue Marathon, a meno di un centinaio di metri di distanza dall’ingresso della scuola. Tre colpi, due al torace e uno alla mano, sparati con un fucile da caccia, secondo la polizia. 
I quartieri nord di Marsiglia, in particolare il 13° e 14° arrondissement, 150mila abitanti in tutto, secondo le cifre dell’INSEE (l’equivalente francese dell’Istat), sono tra le zone più povere del paese. Una media di venti “regolamenti di conti” l’anno, il 39% delle famiglie che vive al di sotto della soglia di povertà (il doppio della media nazionale), tassi di disoccupazione che viaggiano dal 40 al 60% a seconda della cité. I palazzoni “HLM” (habitations à loyer modéré), le case popolari, famigerate cités i cui nomi compaiono regolarmente tra le pagine di cronaca e nei servizi dei canali all-news, sono una colata di cemento che riempie il colpo d’occhio fino a saturarlo. 

Panorama dei quartieri Nord, Marsiglia, via Jeanne Menjoulet 

Dal 2014 a governare i quartieri nord è il Front National. La vittoria dell’esponente frontista di lunga data, Stéphane Ravier, cresciuto in queste zone, nello spicchio più popoloso, povero e stigmatizzato di Marsiglia – storicamente bacino elettorale socialista – è stata interpretata come l’ennesima affermazione del partito di Marine Le Pen tra le classi popolari francesi. Capire come il FN è riuscito a conquistare i quartieri nord di Marsiglia può essere un modo per comprendere come la formazione dei Le Pen sia giunta, alla vigilia delle elezioni presidenziali, a essere tra i primi partiti nelle intenzioni di voto del primo turno, insieme al candidato indipendente Emmanuel Macron.

Oltre ai charbonniers e al Front National, Marsiglia possiede una particolarità geografica che la rende particolarmente interessante ai fini delle analisi elettorali: il contrasto tra i pavillons, le zone residenziali attorno ai nuclei degli antichi villaggi di campagna, i noyaux villageois, inglobati dall’estensione della città ma che hanno conservato il loro aspetto fatto di casette basse, stradine e bistrots, e le cités di cui sopra. Spesso, noyaux villageois e pavillons sono adiacenti alle cités, in una coabitazione sempre più conflittuale con l’aggravarsi delle condizioni economiche. Come ha fatto notare l’analista elettorale e sociologo Joël Gombin, che ha dedicato varie pubblicazioni al voto FN, «il comportamento elettorale [è] strettamente legato all’ambiente urbano. Le zone dei pavillons e i noyaux villageois votano ormai in maniera abbastanza compatta per il Front National, mentre nei palazzoni è soprattutto l’astensione a prevalere».


Distribuzione del voto nel 7° settore di Marsiglia, elezioni municipali 2014. Via joelgombin


«Nei pavillons c’è un po’ di tutto: piccola borghesia modesta, dirigenti e funzionari», spiega Cédric Dudieuzère, adjoint al sindaco del municipio locale con delega ai trasporti e alle politiche del lavoro. «In generale il potere d’acquisto dei suoi abitanti è più elevato e il tasso di disoccupazione ridotto rispetto agli abitanti delle cités», afferma, seduto nella sala centrale del municipio locale con alle spalle una riproduzione della nike di Samotracia. 
Relativamente giovane, portamento marziale, abbigliamento elegante, scarpe a punta e cravatta turchese dai riflessi rosa salmone, l’adjoint, ex-marinaio, è anche consigliere regionale e snocciola dati come un politico consumato. «Certo, dice, è nei noyaux villageois (i pavillons, nda) che abbiamo fatto i nostri migliori risultati» alle elezioni. «Ma lavoriamo per tutti», assicura, sebbene, a suo dire, «le cités beneficiano di continui aiuti dallo Stato, mentre è quasi impossibile ottenere finanziamenti nei quartieri dei pavillons», i cui abitanti, secondo l'esponente FN, avrebbero «l’impressione di pagare le imposte per quelli che non le pagano», cioè quelli delle cités, semplicemente perché troppo poveri per dover pagare la tassa sul reddito. 
Ci fu un tempo in cui il conflitto tra cités e pavillons non poteva essere cavalcato dall’estrema destra, per il semplice fatto che non esisteva. José Deulofeu ha 72 anni ed è presidente di una piccola associazione di quartiere davanti alla cité dei Font-Verts, la stessa di uno dei piccoli charbonniers. Si occupa di assistenza all’infanzia e giardini autogestiti. José è cresciuto nei pavillons dei quartieri nord negli anni ’50, figlio di un barbiere comunista, riuscì a entrare nella prestigiosa Ecole Normale Supérieure per studiare letteratura francese. 
Figlio della classe operaia che una volta abitava questi quartieri, con le sue «fabbriche di sapone, di piastrelle, industrie varie e commerci», come tiene a ricordare, José ha visto il razzismo passare da «elemento di folklore rivolto agli italiani, ai polacchi, ai maghrebini, sfotto’ largamente compensato dall’ammirazione per il talento altrui, all’interno di un’economia in crescita», a sfogatoio della crisi economica e della deindustrializzazione che, secondo José, «hanno stravolto a partire dai primi anni ’90 il paesaggio di quartiere».
 I «piccoli-borghesi e gli ex-operai avevano bisogno di un capro espiatorio», su cui scaricare le pressioni derivate dalla povertà crescente e dal fatto che «i figli avrebbero avuto condizioni di vita peggiori dei padri», dice José. Il FN glielo ha fornito sotto forma di «altri astratti, ‘immigrati’, ‘racaille’ [‘feccia’, parola che indica spesso gli abitanti delle cités di origine immigrata, nda] e le fantomatiche ‘élites’. Le persone, insomma, che non si frequentano né si conoscono», conclude.
 Le ricette del Front National sono semplici, per questo hanno successo. Per l’ex-marinaio e adjoint del FN Cédric Dudieuzere, la chiave è la “priorité nationale”, la precedenza ai cittadini di nazionalità francese, da attuare nelle scuole, nei sussidi, negli interventi di riqualificazione dei quartieri. Nonostante i poteri ridotti di un municipio locale, l’amministrazione di Stéphane Ravier non ha perso occasione per mettere il principio in pratica. In una circolare del 2014 ha vietato agli impiegati della mairie, il municipio locale, “l’utilizzo di un’altra lingua che non sia il francese… in particolare nei centri sociali e d’animazione”. Poi, è intervenuto sulle attestations d’hébergement, permessi obbligatori da richiedere al municipio locale quando si ospita una persona straniera per più di 3 mesi. Da quando c’è Ravier è diventato molto più difficile ottenerli.
 Un cambiamento rivendicato con soddisfazione dall’adjoint Dudieuzère: «prima timbravano tutto. Noi abbiamo fatto una cosa eccezionale: applicare la legge… chiediamo delle attestazioni che assicurino che le persone guadagnino abbastanza per poter sostenere finanziariamente i loro ospiti». Piccole cose, ma che lasciano il segno. Come i matrimoni: «anche li, se sospettiamo un matrimonio d’interesse tra una persona francese e una straniera, qualora constatiamo una differenza flagrante tra gli sposi, facciamo un’inchiesta e poi lo segnaliamo alla prefettura», dice Dudieuzère. Passare il controllo di legittimità, se la differenza non è troppo “flagrante”, non basta: «alle volte la sorveglianza continua anche dopo l’unione, per vedere se vivono insieme», aggiunge l’adjoint. 
Quando si parla di cités e della criminalità che prospera sulla loro emarginazione sociale e urbana, Dudieuzère non batte ciglio: «tolleranza zero, più mezzi per la polizia, stop all’immigrazione». Un mantra ripetuto da anni da Stéphane Ravier, sui social come sul suo blog, insieme all’altro slogan preferito: “ripulire Marsiglia per ripulire le cités”. Soprattutto sul suo sito personale, Ravier non risparmia critiche alla governance cittadina, colpevole di nepotismo e corruzione. Assieme alla racaille, sono i mali che – secondo Ravier – fanno di Marsiglia la “capitale francese della povertà”, secondo un’espressione del quotidiano La Provence. 
“No all’immigrazione, più sicurezza, basta casta”: un discorso che ha riscosso un grande successo tra gli abitanti dei pavillons, ma che non ha impedito alla nipote di Ravier, Sandrine D’Angio, di essere eletta e diventare adjointe con delega all’educazione, o a suo figlio di essere assunto a spese del municipio nella gestione degli spazi verdi locali. A detta di Ravier (padre), nient’altro che «un lavoretto che gli farà guadagnare appena 1000 euro al mese». 
La vittoria del FN è, in un certo senso, anche la vittoria dei pavillons sulle cités. Una vittoria facile: a Ravier sono bastati 15971 voti (su 150mila abitanti) per diventare sindaco del 7° settore, che raggruppa il 13° e 14° arrondissement, quello che esprime più consiglieri municipali di tutti gli altri, 15. Poco più del 10% dei residenti e appena il 19% degli iscritti (in Francia bisogna iscriversi alle apposite liste). 
«Gli è bastato poco, perché nelle cités non si vota più», spiega Salim Grabsi, insegnante di fisica al liceo Diderot, uscito al sole ancora in camice da laboratorio appena qualche minuto dopo la partenza dei due piccoli charbonniers incontrati prima. Salim ha 45 anni ed è militante da una vita: nato e cresciuto nei quartieri nord, da genitori analfabeti ma forti quanto basta per crescere dieci figli. È riuscito a studiare, a venir fuori dalla cité. «L’unica cosa che vogliono le persone che abitano lì», dice, comprendendo con il solo gesto del braccio i palazzoni dei Lauriers e dei Cedrès, «è andarsene. Quelli che ce la fanno se ne vanno in un posto un po’ migliore. Gli altri restano. Il risultato è questo: un distillato di miseria», sedimentato nei decenni, consolidato nel cemento. 
Per anni, la politica nei quartieri popolari di Marsiglia è stata sinonimo di magouille, letteralmente “intrallazzo”. «È difficile mobilitare le persone», sospira Salim, «la gente qui non fa politica. La consuma, come consuma la televisione e l’info h24, perché è così che i politici hanno sempre fatto nei quartieri nord». Utilizzando associazioni e lavoretti, nella più classica delle accezioni del voto di scambio. Pratiche che hanno portato a processi esemplari nei confronti, per esempio, di Jean-Noël Guerini, potentissimo presidente della provincia di Marsiglia per 16 anni consecutivi, o di Sylvie Andrieux, parlamentare eletta dal 1997 al 2007 nel 7° settore, i quartieri nord. Il fatto che siano entrambi esponenti del partito socialista contribuisce a spiegare, almeno in parte, le ragioni del successo del Front National. 
«Guardali: quasi tutti loro hanno già visto un morto ammazzato e non hanno ancora 16 anni», dice Salim, riferendosi ai suoi allievi che, usciti dalle classi, aspettano il pullman sotto il sole. Spiega che i voyous (i membri della criminalità organizzata) arruolano ragazzini sempre più giovani. Hanno il doppio vantaggio di non avere paura della morte e possedere una responsabilità penale limitata. «La storia dei quartieri nord è affascinante e complicata. I politici ci hanno sempre messo gli indesiderati», afferma. «Negli Stati Uniti, hanno preso gli indiani, li hanno messi nelle riserve e poi hanno dato loro l’acqua di fuoco, il gin, perché non si ribellassero troppo. Qui, hanno preso i neri e gli arabi, li hanno messi nei palazzoni, ben separati dal resto della città, dandogli lo shit (il fumo, nda)», dice. 
Nel 2013, Salim ha fondato assieme ad altri militanti il collettivo dei quartieri popolari di Marsiglia (CQPM). Dopo l’ennesimo regolamento di conti, un gruppo di abitanti dei quartieri nord, in particolare delle madri di alcuni giovani assassinati, aveva manifestato per chiedere un maggiore impegno delle istituzioni. Da allora, i membri del CQPM hanno passato anni a percorrere in lungo e in largo le strade di queste zone. «Abbiamo fatto una cosa che nessuno fa: chiedere agli abitanti delle cités cosa, secondo loro, andrebbe fatto e come. I politici non erano molto contenti, perché per una volta potevamo fare a meno di loro», racconta Salim. Il CQPM ha poi stilato una specie di cahier de doléances: «l’ho consegnato di persona al primo ministro [Jean-Marc] Ayrault (socialista, 2012-14, nda). Non è cambiato niente», riassume. Per Salim, «il Fronte Nazionale avanza nella debolezza altrui. Nel quartiere non esistono, non si fanno vedere, se non raramente, nelle zone dei pavillons». La gente, dice Salim, li vota perché si è stancata degli altri. «Vedranno come sono: disastrosi, pasticcioni, come gli altri, e se ne stancheranno presto», afferma.



Stéphane Ravier, sullo sfondo Marine Le Pen. Via 20minutes.fr

Nel frattempo, la mairie di Stéphane Ravier non cessa di essere scossa dalle dimissioni dei suoi funzionari ed esponenti eletti. Tra adjoints e membri del consiglio, sono già in 8 ad aver dato le dimissioni o a essere confluiti nei relativi “gruppi misti”. L’ultimo in data, Antoine Maggio, ex-adjoint all’edilizia popolare, ha accusato Ravier di esercitare una «gestione autocratica… gli eletti servono a distribuire la posta del municipio, all’attacchinaggio dei poster», e ha dichiarato che «Stéphane Ravier è il capitano della nave che ci sta portando al disastro». 
Una dinamica comune ad altre amministrazioni frontiste. Secondo l’Agenzia France Presse (AFP), dalle elezioni municipali del marzo 2014, le stesse in cui Ravier ha conquistato i quartieri nord, il 28% degli eletti frontisti nelle amministrazioni comunali ha già dato le dimissioni. 
Tutto questo non sembra impensierire Stéphane Ravier, né il suo adjoint Dudieuzère. Un municipio locale non ha molti poteri, ma offre una tribuna mediatica e politica. Nell’autunno del 2014, pochi mesi dopo essere divenuto il sindaco del 13° e 14° arrondissement, Ravier è diventato senatore. Il suo adjoint è stato eletto, nel 2015, al consiglio regionale, mentre la nipote di Ravier, Sandrine D’Angio, è in lizza per un posto da parlamentare alle prossime elezioni.
 Philippe Pujol, ex-cronista di nera per il quotidiano La Marseillaise, autore di La Fabrique du Monstre (2016) – importante analisi giornalistica dei quartieri nord di Marsiglia, della criminalità organizzata e non, e del clientelismo cittadino, insignito del più importante premio giornalistico francese, l’Albert Londres – scrive: "il Front National marsigliese è una creatura multistrato, capace di giocare con correnti politiche multicolore, dai comunisti ai neofascisti… A Marsiglia, checché ne dica Marine Le Pen, il funzionamento del FN non è per niente differente dagli altri partiti di sistema: clientelismo e network di ogni tipo come unico programma politico."
Una critica che sembra rispecchiare, quantomeno, i recenti scandali giudiziari che hanno coinvolto la famiglia Le Pen e il Front National, accusato di aver nominato assistenti fittizi al Parlamento europeo, in realtà impegnati in tutt’altri posti che a Strasburgo e Bruxelles, di aver abusato dei finanziamenti per le campagne elettorali, tramite opache pratiche finanziarie e, per quanto riguarda la famiglia Le Pen, di aver omesso parte del patrimonio dalla dichiarazione dei redditi.
 «Marsiglia – dice Pujol – è come una città tutto-in-uno… la violenza, la droga, l’affarismo, gli intrallazzi, la corruzione, il cemento, l’elezione, il razzismo… [Marsiglia] è l’illustrazione visibile di tutti i difetti della République». 

Foto anteprima via Jean-Paul Pelissier/Reuters, Marine Le Pen durante un comizio a Marsiglia, il 6 settembre 2015.

Nessun commento: